Le studentesse e gli studenti di I Care Onlus il 25 novembre ribadiscono la non violenza contro le donne

La bellezza “estetica” e interiore: le studentesse e gli studenti di I Care Onlus il 25 novembre ribadiscono la non violenza contro le donne

“La violenza contro le donne mi fa paura” cosi esordisce, in una sua riflessione, una studentessa dell’ICARE ONLUS, ente di formazione di Andria. “Perché proprio su di noi? Proprio noi donne? Perché gli uomini fanno tutto ciò?” affermano compatte le ragazze.
Tra indignazione, disapprovazione, disgusto, riflessione e impegno, le studentesse e gli studenti tentano, coadiuvati dal corpo docenti e dai tutor, di trovare delle risposte a tanto spargimento di sangue: “probabilmente perché non riconoscono il nostro valore, perché alcune donne sono fragili e vulnerabili, perché alcuni uomini non conoscono il vero amore, perché l’uomo crede di poter possedere una donna come fosse un oggetto, una sua proprietà”. “Perché non riesco a darmi una risposta” conclude rassegnata un’allieva.
In occasione della Giornata mondiale della violenza contro le donne, istituita dall’Onu nel 1999, con cadenza annuale il 25 novembre, giorno in cui si consumò, nel 1960, nella Repubblica Domenica, il martirio delle sorelle Mirabal, le studentesse e gli studenti dell’ICARE ONLUS – Formazione e sviluppo dei corsi di Operatore del Benessere indirizzo estetica e dell’indirizzo acconciatura, sono stati protagonisti attivi di un laboratorio di drammatizzazione teatrale che ha portato alla luce due prodotti finali, ovvero due brevi cortometraggi. Guidati dal team di docenti, gli allievi si sono cimentati nella lettura e nell’interpretazione della poesia “Sorridi donna” di Alda Merini e di un passo del testo “You and me” di Serena Dandini, indossando un capo o un accessorio rosso, colore che simboleggia l’amore e la passione, il sangue e la violenza.
“Mentre recitavo mi sono immedesimata in quella parte e ho provato tanta rabbia”, afferma una studentessa esternando il suoi stato d’animo conscio della situazione che vivono molte donne, le quali spesso non denunciano e hanno paura di farlo. “Gli uomini che commettono un reato simile meriterebbero di morire in prigione” chiude uno studente convinto che il lavoro sensibilizzazione che hanno realizzato serva a smuovere le coscienze sociale anche e soprattutto loro coetanei.
Prof.ssa Oriana Carli
Prof. Leonardo Evangelista